Gattomerlino pubblica il quarto volume della serie “Quaderni di pagine nuove”
la raccolta di poesie di Giancarlo Stoccoro.
IL NEGOZIO DEGLI AFFETTI
“Sono nato a Milano nel 1963 ma ho passato a Como infanzia, adolescenza e gioventù. Ho
attraversato le risaie di Pavia dove mi sono laureato in medicina e specializzato in psichiatria (e
presto me ne sono andato prima di farmi pungere da troppe zanzare).
Adesso vivo nell’ultimo paese del cremasco attraversato dall’Adda, ai confini con la provincia di
Lodi e la bassa milanese. Riconosco il mio debito all’autore del celeberrimo Libro dell’ES, lo
psicoanalista selvaggio Georg Groddeck di cui ho curato l’edizione italiana della biografia: Georg
Groddeck Una vita, di W. Martynkewicz (IL Saggiatore, Milano, 2005). Sono autore del primo
saggio che esplora il cinema associato al Social Dreaming (sognare sociale / sognare insieme):
Occhi del sogno. Cinema e Social Dreaming (Giovanni Fioriti editore, Roma, 2012).
Cammino sempre in punta di piedi, ascolto i sogni degli altri (dispensando farmaci quando serve) e
soprattutto scrivo poesie.”
Giancarlo Stoccoro
Gattomerlino seleziona tra le molte proposte ricevute di poesia italiana o in lingua italiana, voci
nuove, anche non del tutto inedite.
Soltanto tre voci nuove ogni anno. Nel 2014 sono le voci di Maria Caspani, Pietro Roversi e
Giancarlo Stoccoro. Chi sfoglierà questi volumi si renderà conto che è poesia nata in ambienti
diversi da quello della poesia, talvolta anche in paesi diversi dall’Italia.
Stoccoro, come gli altri poeti pubblicati in questa serie, non è “poeta di professione”. Lavora in un
ospedale, ma inoltre il cinema e i sogni sono materiali per le sue analisi.
per ulteriori informazioni:
http://www.superstripes.net/gattomerlino/main.htm
gattomerlino@superstripes.net
tel: 338 8423839 0668308348 (Piera Mattei)
Giancarlo Stoccoro “Il negozio degli affetti ” Gattomerlino edizioni 2014
di PIERA MATTEI
Non parlerò di “Il negozio degli affetti” come chi incontri per la prima volta questo libro, già stampato, perché infatti sono –in parte non minima– responsabile della sua struttura.
Eppure, tornando a leggendolo, nella sua compiutezza, ha sentito un’aria di novità, mi è apparso diverso dall’insieme di poesie che tuttavia avevo scelto con Giancarlo, una a una.
Questa è la magia del libro: diventa altro dalla somma delle sue parti, acquista una sua vitalità nuova, lo affermava anche Paul Valery.
Da questo libro ho quindi visto emergere una trama, anche se ero io stessa già stata testimone della non-programmaticità del racconto. Ho visto infine emergere una biografia, raccontata per flash, per immagini, mentre le pagine aggiungevano poco a poco altri dettagli alla storia, al carattere, al pensiero del loro autore. La sorpresa è stata che alla terza alla quarta lettura quell’immagine che pensavi di avere fissato continuava a muoversi, a mutare, ad articolarsi.
Quindi mi fermo. Chiudo il libro. E mi rendo conto che ciò che rimane più vivido è, insospettabilmente, la sensazione di essere entrati in una storia d’amore, di convivenza, comunque di confronto con una donna, con la donna, un confronto non sereno, spesso amaro, forse conflittuale, senz’altro enigmatico.
Vediamo come questa sensazione ha potuto prendere forma, prendiamo la poesia a pag.15:
Non mi risolvo alla partenza
ancora interrogo il tuo gesto
[…]
non resta che piegarsi al tempo
muovere incessantemente la bocca
come fanno i pesci che non hanno
mai parlato fuori dell’acquario.
In questa poesia il tema dell’incontro-separazione si coniuga con la riflessione sul tempo, direi anzi con la ribellione per l’assoluto scorrere del tempo, ed entrano a fare parte della poesia l’atto del parlare, le parole, con un’immagine tra le più particolari e originali del libro: come fanno i pesci che non hanno / mai parlato fuori dell’acqua. Ora certo i pesci muovono la bocca, ma noi diciamo muto come un pesce: i pesci non parlano. Qui invece l’immagine riproduce l’idea che un acquario sia un po’ come un piccolo universo separato, dove i pesci parlano tra loro e non sono uditi all’esterno. Solo se li togli dall’acquario, il loro parlare diventa un soffocato e veramente muto boccheggiare.
I pesci come oltraggiata immagine di morte sono materia per un’altra similitudine a pag. 24:
Altro sarebbe mutare gli occhi
come fanno i pesci
quando vengono cotti
Certo ci sono probabilità che quella che ci appare come una storia personale, perché raccontata da una sola voce, riassuma invece echi di molte altre storie, forse anche racconti di pazienti. Ricordiamolo: Stoccoro è psichiatra e psicoterapeuta. Data questa precisazione torniamo a rintracciare gli elementi esterni, quelli che non sono riflessioni sullo scorrere del tempo o sull’uso e la forza delle parole– su cui torneremo più avanti– ma particolari che identificano luoghi, situazioni, l’aspetto concreto della vita. E ritroviamo nella poesia a pag.17 il muretto di casa, entità fisica che diventa un elemento di sostegno anche morale, una struttura a cui potere poggiare le spalle.
Ancora a pag.30 un’inquadratura di paese o di periferia cittadina. Si tratta di un sogno e l’atmosfera onirica si concentra su due immagini, bambini in gioco e la durata di un abbraccio: bambini che giocano a palla con un po’ di veleno”… ci siamo abbracciati a lungo in mezzo ai panni stesi nel retro di una casa…
Una storia che trema sempre al bordo del precario, della delusione. Oppure registra la propria volontà di rivolgere uno sguardo crudele, freddo, uno sguardo che sa la fine, mentre l’altra, colei che è guardata, ancora –forse– la ignora o non ne fa motivo di assoluto distacco(pag.50):
io ti osservo tranquillo dalla riva
mi fai cenno più volte di entrare
ma fredda per me è l’acqua
Altre immagini di questa storia (o di queste storie), dove tuttavia il tu cui le parole sono rivolte è sempre una donna, lasciamo al lettore di ritrovarle.
E passiamo, dal racconto, alle riflessioni su quanto è nelle cose, non come materia e immagine, ma come forza invisibile, coordinata imprescindibile: il tempo, il movimento nello spazio o l’immobilità della Terra. Questo ultimo concetto si articola, in particolar modo nelle poesie a pag. 34 e 39:
Importa attendere che la terra giri
e voltandosi dalla tua parte
raggiunga anche te
+++
Se guardo in alto vedo
il cielo ancora chiaro
ma la terra non mi segue
non si alza mai
forse dovrei starmene
sdraiato fare come lei
Ma la terra finge forse persino la sua immobilità apparente? Forse non solo si gira nel cosmo ma potrebbe accadere di vederla salire, rumorosissima, verso l’alto(pag. 67). Vedere il rumore, o per lei, la donna, essere dipinta col suo odore (pag.33): le immagini sinestesiche tornano più di una volta, in queste pagine.
Quanto al tempo, alla sua dimensione implacabile e noiosa, noto la ripetizione del nome “andirivieni” associato a quello di misure del tempo: l’andirivieni di giorni (pag. 17);
l’andirivieni feroce dei compleanni (pag.19). L’aggettivo feroce si associa altra volta a una determinazione di tempo non tutti i giorni sono feroci (pag. 18). Il tempo ha un temperamento persecutorio: A cosa serve la velocità se poi il tempo ci segue in ogni gesto, sbuca fuori dal più piccolo anfratto?
Un altro carattere che contraddistingue più di una poesia è l’esordio su una negazione o su una litote, l’espressione al negativo di un concetto. Alcuni casi rientrano nei versi già citati a cui aggiungo a pag. 26 non tutti i luoghi sanno partire e inoltre, il verso d’apertura della già citata poesia a pagina 50, non è un luogo qualsiasi. In questo universo concettuale e affettivo non conta solo la negazione, eppure la negazione è molto forte. Una negazione che è talvolta un vivo sottrarsi, prospettando persino ipotesi funeste che diano la possibilità del ricatto affettivo:
Nel caso mi ammalassi
solo dopo aver fatto pace
potrai occuparti ancora di me
Queste parole, per il tono rivendicativo in cui trema un’insicurezza infantile, mi rimandano all’immagine a pag.62:
anche un bambino nato senza padre
porta addosso la sua carne
cammina tra le sue stesse mura
Non avrà tempo per guarire dall’infanzia
mentre le rughe crescono dalle sue mani
Rughe della pelle, pieghe della terra. Anche la terra che nutre le piante è importante in questo libro. Tuttavia anche rispetto a quest’ultima metafora, quella del suolo che dà nutrimento, l’impossibile ipotesi che si affaccia è quella di essere nato diversamente o altrove:
Saremmo stati altro
se solo avessimo potuto
cambiare ghianda cambiare quercia
ma così ci capita di stare al mondo
accanto a un lembo di terra
dove il penultimo verso richiama l’Ungaretti dell’ “Allegria”: “Si sta come / d’autunno / sugli alberi / le foglie”. La condizione umana è precaria, casuale, anche se le trincee sono lontane.
Giancarlo Stoccoro dimostra in queste pagine una notevole facilità e felicità di scrittura. Afferra rapidamente le immagini, formula con noncurante rapidità dispettosi concetti. Una scrittura densa da cui possibili molteplici letture fanno emergere rimandi e riferimenti continui all’interno del libro. Si ritagliano un carattere a parte alcune poche immagini e situazioni, che si riferiscono, ci sembra, alla professione di Giancarlo Stoccoro. In questa chiave almeno leggo la bella poesia di rumori (passo pesante… il calpestio e lo scricchiolio) e di silenzi, di sentimenti rappresi e soffocati di pag.72:
Per appostarmi meglio al mondo, alzo di poco la tenda a pacchetto e resto in attesa che anche il mio ospite si sieda.
Sofferenza, la propria e l’altrui sofferenza, pessimismo: forse vale la pena sottolineare che le quattro sezioni del libro portano tutte in esergo una citazione da Paul Celan. L’ultima pagina della raccolta invece è un semplice congedo che, con altre parole– quelle di Peter Handke–, ridice quella oggettività e novità del libro rispetto ai materiali poetici che lo compongono, a cui ci riferivamo in apertura di queste note: “Ascolta, erano tutte cose mie. E adesso sono nostre”
http://www.lacasadellapoesiadicomo.it/Blog.aspx?art=191
RECENSIONE “IL NEGOZIO DEGLI AFFETTI” DI GIANCARLO STOCCORO, GATTOMERLINO, 2014.
La parola poetica ha il dono misterioso di mettere in relazione ciò che conosciamo e non conosciamo, il detto e il non detto, ciò che è manifesto e ciò che è nascosto. È parola pensata con cura, con precisione e nel contempo è involontaria, perché nasce da “una provocazione dell’esistenza”, come ha affermato Vittorio Sereni[1], e dunque ineludibile, connaturata alla vita stessa. Il bisogno di dare voce, di portare in superficie ed esprimere la mille sottigliezze e sfumature dei propri sentimenti attraverso la poesia emerge da ogni verso della raccolta “Il negozio degli affetti” di Giancarlo Stoccoro (Gattomerlino, 2014). L’autore, classe 1963, psichiatra legato a Como, dove ha trascorso gli anni dell’infanzia, dell’adolescenza e della giovinezza, è al suo esordio poetico. Un esordio felice grazie alla ricchezza dei contenuti e alla compostezza della forma. La poesia ha un suo tempo di maturazione, approfondimento, decantazione. È il tempo della nostra vita, perché oggetto della poesia è la vita stessa, che porta con sé il peso di esperienze buie e luminose impresse nel ricordo. La poesia fa rivivere il ricordo, fissandolo in una dimensione atemporale o meglio in un presente che è continuo grazie alla forza vivificatrice della parola. Un poeta può esordire anche in età matura. Può decidersi a pubblicare ciò che ha scritto durante gli anni modellando, scolpendo i propri versi alla luce di esperienze nuove, perché prima, forse, non si sentiva pronto a condividere con altri l’intima esperienza della propria esistenza. Il vissuto di ognuno di noi deve infatti sedimentare, trascolorare nella memoria per farsi poesia. È ciò che è avvenuto per questo libro di Giancarlo Stoccoro; è lui stesso a scriverlo nella postfazione “la poesia resta per anni rintanata nel bosco”, per uscire infine alla luce. Il percorso esistenziale dell’autore si snoda tra immagini di un paesaggio che confonde continuamente realtà e sogno, “le case bianche affacciate su luminosi cortili”, “ogni piazza ha la sua statua”, come nei quadri di De Chirico, in un continuo dialogo tra l’io lirico e un “tu” non identificabile, che potrebbe essere la persona amata ma anche l’alter ego del poeta stesso. Il lettore si sente trasportato in una dimensione sospesa dai confini sfumati, come entrare in una grande casa con tante stanze e infinite porte che continuamente si aprono e si chiudono, e in ognuna soffermarsi su un particolare, un oggetto, un gesto, un corpo, perdendosi per poi ritrovare la strada e procedere nel cammino, un cammino che non ha la pretesa di indicare una meta, semmai di indicare di continuo nuovi itinerari, aprirsi ogni volta a nuove possibilità. Ed è questo che la parola poetica ha il dovere di fare: “segnalare sentieri scivolosi, insinuare dubbi salutari” [2], senza la pretesa di dimostrare nulla. “La poesia tra due punti come un esile ponte sta” [3].
Laura Garavaglia
[1] Sulla Poesia. Conversazioni nelle scuole. Bertolucci Sereni Zanzotto Porta Conte Cucchi. Interventi di C. Segre e L. Lumbelli. Pratiche Editrice, Parma 1980.
[2] Ibidem
[3] Il negozio degli affetti. G. Stoccoro, Gattomerlino, 2014.
http://www.poetidelparco.it/9_1057_Il-negozio-degli-affetti-di-Giancarlo-Stoccoro.html
Il negozio degli affetti – Giancarlo Stoccoro – Libro – Gattomerlino … – Ibs
http://lucreziana2008.blogspot.it/2014/06/il-negozio-degli-affetti-raccolta-di.html
http://lucreziana2008.blogspot.it/2014/10/fuga-dal-tempo-e-dallabbraccio-nella.html
Presentazione del libro:
- Gattomerlino/ Superstripes e Alfredo Matacotta Cordella invitano alla presentazione del quarto volume della serie “Quaderni di pagine nuove” (edizioni Gattomerlino/ Superstripes) Studio fotografico Matacotta Cordella
Roma, Via Giulia 87 venerdì 24 ottobre 2014, ore 18 - Domenica 12 Ottobre 2014 Ore 17.00 Caffè Letterario, Via Fanfulla, 3 Lodi
La parola di Giancarlo Stoccoro
sfoglia le sillabe, squarcia il silenzio del silenzio.
Sembra introvabile,
una specie di funambolo tra pieghe e
scoscese emozioni.
Fa il bagno nelle acque sacre di un’ anima un po’ furtiva .
Svela le carezze dell’ignoto.
Amo smarrirmi fra versi che un po’ mi riconoscono,
malgrado io sia una poetastra.