La posa degli occhi
fa strage di passi
Un taglio d’ombra nel bosco
dove la pietra dileggia lo sguardo
risparmia gli alberi
li tiene incollati al cielo
Apri finestre oltre il mio sguardo
accendi l’infinita vertigine
di chi ancora indietreggia
e non sa aggiungere quota all’aria
Immagini un perdurante inizio
sazi di promesse
chi è già colmo di divieti
e non sa prendere la misura del volo
Ecco le grandi parentesi del cielo
impreziosite da una curva sul mare
riparano nuvole le fanno bianche
Non sono tue le ombre
piegate dietro la porta
hai il privilegio di essere distante
L’assenza
ignora gli angoli bui
Chiudono portoni nel disegno urbano
salgono vogliose bocche
di stanza in stanza si muovono cieche
silenzi prima della luce affacciano
(?)
Saranno per noi gli alberi
come una croce
dopo l’abbraccio
Permane il colore della perdita
sul limite lontano attendo
il passaggio della nave
prima che la sera spenga i suoi fari
la riva sola stringe l’ombra
Come una radice
chiudo la cerimonia degli sguardi
il taglio del mare sulle labbra bianche
mentre il cielo sposa lacrime
a Milano tu insegui un tempo lento
per nutrire l’asfalto che ci tiene distanti
Disarciona lo sguardo
galleggiano tronchi
le radici attendono a riva
Stanotte cercherò un luogo
prossimo al perdono
ancelle degli occhi
mi benderanno
per troppa vertigine
La poesia anela a un approdo ma la lingua offre più spesso la consolazione di un porto sicuro dimenticando presto il naufragio, condizione ineludibile del viaggio. Non resta allora che licenziare la parola conquistata tacendo. Altri naufragi sempre ci attendono.
(Esercizi di sopravvivenza, in: Consulente del buio, L’Erudita, 2017)
Cammino dentro il tuo sguardo
e un labirinto di infiniti addii
mi accoglie
Le parole consuete
costruiscono grattacieli
che a guardare giù
fanno venire le vertigini
(in: Consulente del buio, L’erudita, 2017)
Dove si baciano i mari
una lingua d’ombra
annulla la fatica urbana
di inseguire l’abbraccio
Stan guarendo le labbra
dalle sillabe mute
hanno trovato un approdo
I giorni che nascono da un addio
non hanno traguardo
riempiono le strade di abbracci
e rovistano nel buio chiuso degli angoli
tra parole raggomitolate e sciami
di silenzio sotto il cielo opaco
seguono la processione dei padri
e delle madri orfani dei loro figli
come certi alberi d’inverno
non vedono l’alba nei parchi
non si fanno raggiungere dal tramonto
lungo i viali vicino al mare
Accendi l’ombra
come lucciole
vedi le cicatrici danzare
Ogni luce in fuga
transita sillabe
Ci affidiamo al corpo
per ammirare un paesaggio
camminare scalzi sul pianerottolo
mentre passano i volti
le intime distanze
seguono la luce
e tu dispensi carezze
agli sconosciuti
ritrovi la forma acerba
del dono
Sguardi a riva
allagano la bocca
per catturare distanze
gettano reti d’ombra
Quando un giorno l’alba riesce a spuntarla
la terra si riempie di foreste e vasti laghi
inzuppa i fiocchi di nuvole nell’acqua bassa
e poi stiracchia le sue colline
con aghi di abete punzecchia felice il cielo
Si sono riempiti di addii
e ora fanno pace con gli occhi
non hanno bisogno del buio
per incontrare distanze senza confini
(da : “Forme d’ombra, alla chiara fonte editore, 2018)
Per quante labbra tu accenda
il bacio è piccolo
di fronte all’insolenza del mondo
(da: “Benché non si sappia entrambi che vivere”, alla chiara fonte editore, 2016)
Per quanto di giorno si vada
vagabondando in cerca di spazi
è il buio a renderli immensi
Ci affratella l’ombra
non il segno che cerca lo specchio
disarma lo sguardo
Vivi nel mercato dei sogni
esponi la tua innocenza
al belvedere del mondo
Mi sono incendiato di sguardi
dopo aver postato il desiderio
nel paradiso degli sfollati
ho abbandonato l’ultima edizione
del libro di Max Stirner
sulle panchine dei giardini
dove i critici militanti
passano le loro notti insonni
Non tutti i luoghi sanno partire
si legano al mondo
alle sue pazzie consuete
non sono querce dalle profonde radici
col fusto che spacca il cielo
e guarda lontano
si fermano in superficie
accolgono il passaggio dei carri in transito
le interminabili processioni dei corpi
con le anime già in volo
(da: Il negozio degli affetti, Gattomerlino/Superstripes, 2014)
Sostieni l’interrogazione
con parole che non conosci
Abbandona la mente
nel suo giardino ordinato
con i fiori tardivi e le foglie colorate
che fanno tanto inizio autunno
Raggiungi piuttosto i rovi oltre i campi
dove è già stato raccolto tutto
Fai incetta di silenzio
(da: Note di sguardo, Morellini editore, 2014)
Parole a mio nome
Mi occupo soprattutto delle pause, gli interrogativi quando stanno stretti in silenzio avrebbero bisogno di spazi ariosi, non certo di questa casa in ombra dal primo pomeriggio.
La luce filtra con le parole adagiate sul divano ed è già sera. Il tavolo accoglie la rinuncia, il pasto frugale, le frasi sottovuoto dosate col bilancino. Il mito si racconta sul canale della sette.
La memoria oggi ha un retrogusto amaro.
(da: Parole a mio nome, Il Convivio Editore, 2016)
Con il rigore dei giorni
lo stampo dei vivi
le parole tornano madri
conoscono la simmetria delle sillabe
l’immagine che scarta
l’abbraccio al suo primo addio
(da: “Prove di arrendevolezza, Oèdipus editore, in corso di pubblicazione)
essenziale del compimento
degli occhi navighi a vista
insegui il vezzo dello sguardo
si accollano distanze
nemmeno ci provano a costruire ponti
han lasciato lenzuola sotto la pioggia
semi di granoturco ai piccioni
Non c’è traccia di te
seguendo le canzoni di De André
Nelle pause d’autunno per strada
gli alberi rappresentano una minoranza
ormai solo infanzie senza radici
profili di ciclisti muti in fila
indiana è la traccia prima della salita
Se la vita ti dipinge a olio
ascolta i profeti delle labbra
Chi mendica parole sul tuo viso
insegue foglie in volo
È autunno
e gli alberi fanno doni
Mi ricordi la pioggia
quando graffia lo sguardo
Non è un mondo di muri
che segna la vita
Më kujton shiun
kur gërvisht vështrimin.
Nuk është bota e mureve
që shënon jetën.
(Traduzione di Sabina Darova)
Guadagni parole scalze
gli infiniti sentieri
di chi offre una meta
e subito arretra
Sto con cento foglie
e gli scarabocchi
di chi mi ha lasciato bambino
Sei dentro la liturgia del colore
le parole si stringono alle cornici
mutano la forma dello sguardo
La finestra sul cortile
ospita il bianco che pulsa
uno dei tanti cuori della luna
Ti ndodhesh brenda liturgjisë së ngjyrave,
ndërsa fjalët kapen fort pas kornizave
që mënyrën e shikimit e ndryshojnë
Dritarja drejtuar nga oborri
e mikpret bardhësinë që pulson,
është njëra prej zemrave të panumërta
të hënës…
@ Arjan Kallço
Esco dal campo fragile del colore
stanco di officiare lo sguardo con la luce
mi faccio concime per i sogni
Mendico il tuo nome
un muro d’ombre
tracce inchiodate per la vita
anche dove getta vento
non c’è luogo
che rispetti l’assenza
Segnali di resa
non parole senza luogo
incondizionata resa
negli sguardi facili
negli orizzonti gentili
che camuffano distanze
A novembre gli alberi
resteranno nudi
fino a tardi
(da : “La disciplina degli alberi”, silloge di prossima pubblicazione, vincitrice ex aequo Arcipelago Itaca edizioni 2018)
I sogni migrano altrove
e tu cuci asole d’alba
Trasformi la notte
in un laboratorio di luce
L’evenienza delle nuvole
raggiunge le colline
le spiana per qualche ora
i silenzi non andranno alla guerra
Fammi luogo
incolla lo sguardo
senza rovinare il gesto
anche se insisti
sul divenire cavo
degli occhi
ha vocazione chirurgica
il taglio
nella distanza che semina
il campo
La dialettica dello spazio
tiene il passo fermo
la vita sotto pelle
stanca
di commissionare destini
Insegui l’esercizio del mare
quando esce dallo sguardo
Le palpebre chiuse sotto il sole
conoscono la nebbia incollata al cielo
senza pratica di volo
Fai strage di passi
salpa
Quanta alba dentro un parco
la pioggia breve dei semafori
non deve rattristarla minuta
si srotola la vita e pare avanzi da sola
quando basta un cenno
per agganciarla al sole più ampio
guardare dall’alto questo mondo
piccolo e consumato
(Parole a mio nome, Il Convivio editore, 2016)
Quando si chiudono gli occhi agli alberi
e il cielo lentamente cade
un vecchio tronco fa da ponte
cuce silenzi
in mezzo a un gran fracasso
Un’indistinta luce
muta lo sguardo
lo tiene in ostaggio
A terra manca il gesto che salva
Per noi restano le circostanze
quei luoghi carichi di destino
eppure così leggeri nell’accadere
Scuciti i passi
ti siedi e pettini il buio
stretto a una tenebra d’argento
Approssimi il cielo al tuo stato
trovi l’aria cucita nell’ombra
non c’è luogo che attraversi
la frontiera solo con gli occhi
Quando la notte carezzi
le miserie del giorno
quelle fessure minime
non conoscono alibi
ti stringono in un abbraccio
dopo aver mancato lo sguardo
Accade il bianco
la distanza che supplica e sbaglia
ed è più di un rammendo
con aghi d’abete fissare le stelle
accorciarne la coda
se poi sbatte contro la testa di tutti
2 novembre 2018
Ci attende il mondo ghigliottinato
a un passo il primo albero tranciato
come grano ha memoria del campo
dove a migliaia sono cresciute le mine
ma nemmeno tu potrai raccogliere
ci vuole un’altra bestia
ché la natura stavolta ha fatto da sola
tra cento anni non sarà più un inferno
Pochi luoghi mi accompagnano a casa
quasi sempre si fermano in periferia
scivolano sul pavimento dell’anima
giocano con le parole e finiscono
con l’annodarsi alle sillabe più miti
Attendo che un silenzio si avvicini
e porti via i tanti piccoli me
lasciando un corpo solo
addormentato sulla panchina
(La dimora dello sguardo, Fara editore 2018)
Smarrire il mondo
non è come restare orfani
avere un contatto fugace
con l’assenza
per un passaggio sbagliato di palla
scrostare il muro di stanze bambine
con lacrime di anni urgenti
e lasciare migliaia di albe
sole
nei parchi
Ti vedo camminare a passi incerti
forse è ora di giocare sul prato
forse hai bisogno di appoggiarti
alla mia spalla per tornare a casa
In fondo al viale
qualcuno chiede la strada agli alberi
(La dimora dello sguardo, Fara editore 2018)
Ha vocazione breve il silenzio
quando muove l’ombra
taglia questa assenza di vetro
scivola nell’aria sposa
nuvole con gli occhi
ascolta i battiti diventare nemici
Fotografie di Luisa Gallisay (tranne quella contrassegnata con ?)
https://www.fotocommunity.it/fotografa/luisagallisay/
Qui incontro una sacralità nuova, una sorta di sguardo inedito rivolto a ciò che abbraccia o intuisce. Nuova sostanza generatrice di un dire che conforta e lusinga.