“E’ possibile condurre simultaneamente l’attività di poeta e quella di individuo avvolto nel tessuto delle relazioni umane ?” , si chiede e chiede ai suoi lettori Tzvetan Todorov, che aggiunge ” o i due rami del fiume devono restare nettamente separati, dato che uno solo può essere privilegiato?” L’autore cita Rilke ma la questione resta attuale. Franco Loi, che riconosce in Dostoevskij un romanziere-poeta, ricorda, in una recente intervista, di aver scritto alcune sue raccolte di poesie (Strolegh e L’ angel) in periodi di assoluta solitudine.
Cosa ne pensate? Qual è la vostra esperienza al riguardo?
Personalmente scrivo da oltre 50 anni e ,senza programmarlo, periodicamente entro in uno stato di ripiegamento su me stesso ed attraverso un periodo più o meno lungo di solitudine che è come uno stato atemporale dal quale riemergo quando ciò che volevo ha trovato il modo giusto di trovare la luce. Dopo posso ritornare al “commercio umano” intontito un po’ ma lieto di come il lavoro è ben avviato. Poi tutto diventa più normale( almeno per la mia “norma”)