“E’ possibile condurre simultaneamente l’attività di poeta e quella di individuo avvolto nel tessuto delle relazioni umane ?” , si chiede e chiede ai suoi lettori Tzvetan Todorov, che aggiunge ” o i due rami del fiume devono restare nettamente separati, dato che uno solo può essere privilegiato?” L’autore cita Rilke ma la questione resta attuale. Franco Loi, che riconosce in Dostoevskij un romanziere-poeta, ricorda, in una recente intervista, di aver scritto alcune sue raccolte di poesie (Strolegh e L’ angel) in periodi di assoluta solitudine.
Cosa ne pensate? Qual è la vostra esperienza al riguardo?
L’articoletto che posto qui sotto lo scrissi anni fa. La penso ancora così. Mi permetto di dire però che la domanda è malposta. La relazione tra la creatività, ossia arte, produzione letteraria e letteratura da quella parte, e… Vita, da questa, è interessante da indagare, ma percorre molte strade diverse e accettabili, e molte risposte possibili. Perché da sempre all’Arte necessita tanta Vita, ma d’altra parte, perché avvenga il passaggio necessario, serve la giusta distanza. Scrivere nella vita ma leggermente discosti da essa, a lato, da un angolo “diverso”.
“Nell’arte o, meglio, nell’atto creativo, la pena coincide con la cura: la pena è quella che viviamo ed attraversiamo, è nella dimensione dell’Essere, nel trascorrere tragicomico degli eventi; la cura è nella lucida consapevolezza della follia della vita, che non vogliamo rinnegare.
La narrazione poetica è il luogo della cura.
La poesia e la scrittura sono salvifiche non come mero sfogo personale, ma perché per loro natura mostrano un orizzonte più vasto, una dimensione “altra” che può comprendere, e persino elevare e salvare, la follia dell’esistere, senza normalizzarla.
Perciò io difendo il diritto alla cura, ma anche quello alla morbosità.
Si scrive stando nel mezzo, come sospesi su un ponte che unisce le sponde, intravvedendo da lontano la guarigione: non si potrebbe mai più scrivere, una volta attraversato “il ponte”, perché solo da lì lo sguardo vede, comprende e tiene insieme le due sponde.
Così, sospesa sta la sentinella: il poeta che considera e vede.
Il poeta è veggente: viaggia pericolosamente dal “di qua” al “di là”, conoscendo la strada.
Nella malattia il dolore è inutile, sterile, non si può narrare dunque non diventa arte, perché la vita nella malattia è un surrogato.
Nella guarigione il dolore, come anche l’ispirazione, vengono richiesti in modi e in tempi stabiliti, che non sono quelli dell’arte.
Nel purgatorio della poesia c’è liberazione, il dolore è compreso, ma modulandosi e decantando diventa compatibile con la realtà.
Perciò bisogna vivere molto, stare tra la gente, riempire il ponte di presenze e di colore per poterci restare senza parlare solo di sé stessi.”
Valeria Raimondi
E se ora, oggi, il o la poeta pensano di doversi sottrarre alle relazioni per poter scrivere, sono un po’ fuori dal tempo e dal mondo. O fanno una forzatura. Il poeta chi è o si considera per dire che deve scegliere tra relazioni e scrittura? Io ho bisogno di relazioni, non vivo su un’isola deserta. Voglio continuare a stare in mezzo alla gente. Mi interessano più le persone della parole. E lo dice una che ama visceralmente il pensiero, la parola., la poesia. Ma sa che la parola è, o può essere, “fingitora”, ben piazzata, seduttiva.
A volte si deve avere il coraggio di sottrarre un poco di potere a questa benedetta parola. Certo, il tempo della creazione personale ha bisogno anche del vuoto e del silenzio. E’ dimensione necessaria. Ma la funzione sociale della poesia, oggi non possiamo più ignorarla. Ciò non significa scrivere poesia civile o impegnata. Torniamo a fare poesia d’amore, parliamo di tutto ciò che è umano, sentiamoci liberi, la poesia non deve servire niente e nessuno. Ma poi portiamola fuori, tra la gente, magari insieme nelle piazze, laddove ci siano sofferenze e disagi, utilizziamola per questioni collettive. Facciamone uno strumento politico ma non con i linguaggi della politica o della cronaca o dell’invettiva. Scrivere poesie è di per sé atto rivoluzionario.