“E’ possibile condurre simultaneamente l’attività di poeta e quella di individuo avvolto nel tessuto delle relazioni umane ?” , si chiede e chiede ai suoi lettori Tzvetan Todorov, che aggiunge ” o i due rami del fiume devono restare nettamente separati, dato che uno solo può essere privilegiato?” L’autore cita Rilke ma la questione resta attuale. Franco Loi, che riconosce in Dostoevskij un romanziere-poeta, ricorda, in una recente intervista, di aver scritto alcune sue raccolte di poesie (Strolegh e L’ angel) in periodi di assoluta solitudine.
Cosa ne pensate? Qual è la vostra esperienza al riguardo?
Mi sembra che questo passo di Irigaray possa fungere da risposta 😉 La vita, anche quella del poeta, dell’artista, è composta di dimensioni VERTICALI e ORIZZONTALI, di necessità di DISTENSIONE, e poi di nuovo di INTENSITA’. E questo avviene talora in solitudine, talora in compagnia. Sia l’uno che l’altro.
” Un soffio che va dal di fuori al di dentro, dal di dentro al di fuori del corpo. Uno spirito che collega la vita dell’universo al più profondo dell’anima : ciò che ispira non si separa dal respiro cosmico, arriva portato dal vento…Il respiro unisce senza sosta la terra al cielo… Questo richiede di muoversi, ma pure di rimanere in sè, di avere scambi con l’esterno, poi di raccogliersi, di comunicare con l’Anima del mondo, talvolta con quella degli altri, e di tornare in seguIto alla solitudine e al silenzio della propria anima. Un silenzio che non è per nulla privazione di parola, ma ritocco quasi tattile dello spirituale in sè, ascolto del proprio respiro pacato e attento “.
Luce Irigaray