“E’ possibile condurre simultaneamente l’attività di poeta e quella di individuo avvolto nel tessuto delle relazioni umane ?” , si chiede e chiede ai suoi lettori Tzvetan Todorov, che aggiunge ” o i due rami del fiume devono restare nettamente separati, dato che uno solo può essere privilegiato?” L’autore cita Rilke ma la questione resta attuale. Franco Loi, che riconosce in Dostoevskij un romanziere-poeta, ricorda, in una recente intervista, di aver scritto alcune sue raccolte di poesie (Strolegh e L’ angel) in periodi di assoluta solitudine.
Cosa ne pensate? Qual è la vostra esperienza al riguardo?
Buonasera Giancarlo,
per quanto mi riguarda scrivo in quegli spazi di tempo e di silenzio che riesco a ritagliarmi .
Scrivere trovo che implichi più piani, comporta un certo grado di osservazione, che s’incamera dall’esterno e si sviluppa in pensiero. Un riferimento, costante o mutevole, e dei sentimenti prepotenti che si propongono sotto forma di parole. La mia esperienza dello scrivere mi porta a dire che ci vuole tutto ciò che può tenerti e puoi tenere nel giusto equilibrio,. E ognuno bene o male, sa quali sono queste cose, nel mio caso le relazioni umane sono fra queste.
Ma ho anche bisogno di una certa tranquillità emotiva per scrivere ( né triste, né felice) e a volte è un equilibrio difficile da mantenere se si tende, come in certi periodi capita, ad essere troppo concentrati su se stessi o al contrario troppo protesi verso l’esterno.