La lettura del saggio “La poetica della rêverie” (1960), autentico aggiornamento inattuale, consente di riformulare la questione del rapporto tra pensiero e poesia, tra linguaggio occidentale e linguaggio orientale.
“Attraverso la rêverie (fantasticheria, immaginazione, abbandono al flusso del sogno a occhi aperti) le parole diventano immense, abbandonano la loro modesta determinazione primaria”.
“La rêverie che vuole esprimersi diventa rêverie poetica”.
“Il vero poeta è bilingue, non confonde il linguaggio dei significati con il linguaggio poetico”.
“Tradurre una di queste lingue nell’altra non avrebbe senso”.
Gaston Bachelard ritiene che “sognare le rêveries e pensare i pensieri” siano difficilmente conciliabili e che pertanto la rêverie non organizzi pensieri.
È questo un tema affascinante sul quale non è possibile smettere di interrogarsi.
La psicoanalisi col pensiero di Bion ha fatto realmente un passo avanti?
E i poeti, i loro critici militanti cosa ne pensano?
Come poeta posso dire che il rapporto tra pensiero e poesia sta alla base anche della tipologia di canale che poi viene utilizzato. La prosa ha il compito essenziale dell’argomentazione e della chiarezza, la poesia è uno dei linguaggi d’arte dell’Es che trascende la lingua prosaica e si fa tramite di un luogo altro. Gli antichi si tramandavano canti del sogno che pescavano nell’inconscio. Sogno e poesia hanno una matrice comune che è quella di metterci in contatto con le nostre radici umane e spirituali.