Adesso che in un baleno
la tua carne s’è ridotta in pulviscolo,
avvampando con te è divenuta cenere
tutta la gloria della fede
tutta la gloria degli ultimi giorni congiunti
tutta la gloria dei sensi e degli scherni
dei morti passati presenti e futuri,
la gloria dei poeti, degl’inclini e degli alienati,
la fama del ‘KI’ onorato e la foto del ragazzo
battuto nel cervello dal tuo stesso male;
ardendo con te è s’è fatta cenere
la gloria di chi ha rincorso Gesù, Buddha, Adonai
e dei profeti ch’hanno schiuso strade ai Padri del deserto,
la gloria delle suppliche inesaudite
la fama d’ogni ideabile scongiuro
l’attesa nella quiete e nei salmi
l’intera gloria dei perdenti e dei vittoriosi
quella degli angeli, degli arcangeli e di Dio
in un eterno pensabile e simbolico.
E all’istante, innascente, primordiale,
la stizzente esemplarità dei versi
deliberatamente incoercibile,
fuori da ogni sussistenza sintomatica,
assume che la follia
è l’unico insondabile destino.
Sebbene più non discerni
il tuo viso/maschera di dolore,
tante cose avrei finalmente da dirti
per noi, su di noi; ma la calma del vespro
è sciagura del tuo sfacciato passaggio,
e quel che va e ciò che viene
infine mi smarrisce nel tocco avviluppato del canto:
non è esistita garanzia per la richiesta/convincimento
di saper sciogliere la tua allegria nelle mie lacrime.
E insistentemente ciò che sei stato
è custodito in un ovale nero
contenuto nel reliquiario giapponese,
dove ti fabbricano vicinanza
il nostro libro e il mio ritratto che con diritto
posasti a mo’ d’altarino nel camino,
il ricordo di tua madre
e gli scatti razziati di te infine luminoso nella bara,
e la patena dorata che utilizzavi per i prossimi al trapasso,
l’ultimo clargyman e la stola,
fiume di grazia che dal capo ti scendeva
per agire ‘in persona christi’:
io scruto l’urna da mattina a sera
pedinando d’avvertire l’incomprensibile
incarnando mantra degli assennati d’Oriente
intorno agitando campanelle
e colpi nelle ciotole di metallo
e bianco latte di mucca versato
com’è d’uso nei riti funerari tibetani
sempre indugiando segnali percezioni dispacci
dall’invisibile e dall’universo
perché spetta a me ora dare voce
e novella lingua al tuo cuore bruciato
in manifesto silenzio.
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La verifica di una vigoria
che in forma lucente fa scorgere
quel che sta subentrando
mi lascia inerte,
privo di ogni possibile sussulto.
Oh morte della morte del mio cuore
il transumanesimo della coscienza
non può divenire orma di convergenza
-da protrarsi nel tempo –
o l’integrativa nozione di segni.
Anche ogni paradiso è di per sé transitorio,
cosicché mi avvolge stentatamente una sentenza precipitata:
l’amore che rende visibile ogni increspatura di un proponimento.
T’è noto: chi nulla smuove, nulla protegge; pertanto,
cintato da termini che non mi concedono
di esporre accezioni e contrasti, sono forzato a vivere
quale effetto repentino che impara a disfare
l’incoerenza di una esecuzione.
Non ci sei, e a me non resta altro da fare
che lottare perennemente
contro i flutti di una rabbia,
restare a caccia degli infiniti fenomeni dell’indole,
e anche se come blateri pure il Verbo è rozzo plagio,
ora temo lo scoglio di un azzardato urto
alla percepibilità del mio cuore.
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Un’attraente versione di rotta
nella mutabilità psicologica del mio animo
mi fa progettare che – benché prigioniero –
bisogna disertare ogni dolore;
cosicché nell’affabile tempo intriso di sangue
dovrò imparare dal tuo cantiere di battaglia
e – astrusamente vero – a me resta di vivere così,
senza il peso di innominabili pianti.
NOTA DI LETTURA
Questi testi sono tratti da “KI. atto secondo”, raccolta in fieri, dedicato all’amico scomparso Angelo Cordelli. Come ricorda l’autore nel libro edito, KI. Segni dallo spirito, Versi per Angelo Cordelli”: nell’uso ordinario “KI” significa ‘aria’ o ‘stato mentale’. Nell’antica filosofia cinese si riferiva all’energia vitale che pervade ogni corpo umano, così come l’intero universo. Grazie al “KI” siamo corpi animati, e attraverso il “KI” siamo interconnessi con gli altri esseri umani e il mondo circostante.
Maurizio Gregorini (Roma, 1962), è autore di poesie, racconti, romanzi, saggi. Ha pubblicato diversi volumi di poesia, alcuni con la prefazione di Dario Bellezza, Luca Canali, Livia De Stefani, Elio Pecora, Riccardo Reim. Nel 2002 parte della sua produzione poetica è in “Vortici. Poesie per l’altro amore” che gli ha valso la trentaduesima edizione del “Premio Personalità Europea”, consegnatogli presso la Sala della Protomoteca del Campidoglio durante la “Giornata d’Europa”. Nel 1997 ha pubblicato “Morte di Bellezza”, riedito nel 2006 col titolo “Il male di Dario Bellezza”, vincitore del Premio Mangialibri nella categoria “Miglior rapporto qualità/prezzo del 2006” e nel 2016, in occasione del ventennale dalla morte del poeta romano, per la Castelvecchi ne è uscita una nuova edizione ampliata. “Sigillo di spine. Le poesie” (edizione completa di tutti i libri di poesia editi, con aggiunta di inediti) esce nella collana ‘Cahiers’ nell’ottobre 2017 per i tipi della Castelvecchi e festeggia il trentennale della sua attività poetica, che ha ottenuto il “Premio speciale della giuria” della III Edizione del Premio Letterario Internazionale “Antica Pyrgos”. Nel novembre del 2020 esce, affinché lo veda in vita Angelo Cordelli a cui il libro è dedicato, in edizione privata di sole 100 copie una parte del suo “KI. Segni dallo spirito”.