Introduzione (da: Poeti e prosatori alla corte dell’Es, AnimaMundi 2017, p. 9,10.)
L’Es gioca tiri straordinari, guarisce, fa ammalare, costringe ad amputare arti sani e fa correre la gente incontro alle pallottole. In breve, è un essere lunatico, imprevedibile e spassoso. (Georg Groddeck)
Le vere biografie dei poeti sono come quelle degli uccelli, quasi identiche – i dati veri vanno ricercati nei suoni che emettono. (Josif Brodskij)
Se ripenso ai libri a cui ho dedicato tutta la mia vita provo un sentimento sconvolgente: mi sembra di non aver scritto con le mie mani le frasi, i sogni, le pagine che mi hanno dato una grande felicità, ma di averlo fatto grazie a una forza generosa e sconosciuta. (Orhan Pamuk)
Sembra che gli artisti abbiano un rapporto privilegiato con l’ES, magicamente descritto dal “Kaiser” Groddeck come “entità prodigiosa”, ubiquitaria e totipotente, che dirige tutto ciò che gli umani fanno e tutto ciò che loro accade. Una forza travolgente e imperscrutabile che ci vive anche quando pensiamo di essere noi gli artefici del nostro destino: questo è l’ES groddeckiano che s’apparenta forse all’Anima Mundi di James Hillman o al Ça parle di Jacques Lacan, non certo all’ES della seconda topica freudiana. “Quella personalità ben strana che è il poeta” (S. Freud, Il poeta e la fantasia) non naviga a vista e nemmeno si accontenta di attraversare i campi coltivati con i tulipani dello Zuiderzee, piuttosto si spossessa dell’Io e, come un camaleonte, si mimetizza con qualche altra bestia. Abita luoghi “altri”, in mondi che scopre solo lui, ma non ne resta intrappolato come fa un folle e nemmeno tiene ben strette e nascoste le sue fantasie come fanno la maggior parte degli uomini. Non è suo compito urbanizzare l’Es con grovigli di strade e automobili puzzolenti. Egli s’inoltra, come faceva da bambino, a giocare nel bosco con gli zingari (per riprendere la celebre canzone Sally di Fabrizio De André) o si nasconde nella trama fitta degli alberi a spiare la danza delle volpi (come in uno dei capitoli del film Dreams di Akira Kurosawa). Attraverso la sospensione dell’incredulità di Samuel Taylor Coleridge, la capacità negativa di John Keats, la rêverie materna di Wilfred Bion, la mente orientale di Christopher Bollas, il poeta “comunica con gli strati più primitivi dell’inconscio” ( Janine Chasseguet- Smirgel, Il poeta e la fantasia Un commento). Questa possibilità di entrare a stretto contatto con l’ES, senza esserne travolto, sarebbe per molti alla base della creazione poetica.
Il saggio si propone di riattraversare la letteratura che ha direttamente o più velatamente riconosciuto il proprio debito a Groddeck per arrivare a interrogare autori significativi del nostro tempo sul tema fondamentale posto dall’analista selvaggio, ovvero che << il poeta sia costretto a comporre ricorrendo a simboli e come raggiunga la massima efficacia quanto più rimane nell’inconscio >> (Georg Groddeck, 85esima conferenza, in: Pierino Porcospino e l’analista selvaggio, ADV Publishing House, 2016). Completerà il volume una selezione di poesie di ciascun autore intervistato.
Autori presenti nel volume:
Donatella Bisutti
Franco Buffoni
Maria Grazia Calandrone
Milo De Angelis
Alessandro Defilippi
Laura Liberale
Franco Loi
Franca Mancinelli
Umberto Piersanti
Fabio Pusterla
Giovanna Rosadini
Francesca Serragnoli
Miro Silvera
Giovanni Tesio
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Questionario (op.cit. p.33-35)
1) Quest’anno (2016) ricorrono i 150 anni dalla nascita dell’”analista selvaggio”, la cui celebre frase “non è vero che noi viviamo, in verità noi in gran parte veniamo vissuti ” ha trovato eco nelle testimonianze di molti autori sulla nascita delle loro opere. Per citarne solo alcuni, Jean Cocteau affermava : “noi non scriviamo, siamo scritti”; Edoardo Sanguineti (che si riconosceva “groddeckiano selvaggio”): “si è scritti oltre che scrivere e più che scrivere”; Edmond Jabès, forse il più dissacrante di tutti: “ho scritto un solo libro ed era già scritto”. Si riconosce anche Lei portavoce dell’Es, cioè di una forza misteriosa che ci trascende?
2) Nel lasciarsi andare all’ascolto delle proprie intime profondità “si spalanca un abisso che può travolgere” (Andrea Zanzotto). Poesia, questione d’abisso, come diceva Paul Celan? Se è vero che la poesia ha una base necessaria e autobiografica, legata forse a un trauma originario dell’infanzia (secondo Jean Paul Weber, ripreso da E. Sanguineti ne “Conversazioni sulla cultura del ventesimo secolo”) e sicuramente agli eventi significativi della nostra vita, ha per Lei anche una valenza salvifica?
3)”Nei sogni siamo veri poeti” ( Ralph Waldo Emerson) ovvero “il poeta lavora ” quando dorme (Saint- Pol – Roux). Per lo psichiatra esistenzialista e fenomenologo Ludwig Binswanger il sogno è una forma specifica di esperienza (Sogno ed esistenza), per il regista russo Andrej Tarkovskij la poesia è “una sensazione del Mondo, un tipo speciale di rapporto con la realtà”. Quale relazione c’è per Lei tra sogno e poesia?
4 ) Con Freud i sogni sono diventati la via regia dell’inconscio e vanno contestualizzati attraverso l’interpretazione, per non restare lettere mai aperte come già si leggeva nel Talmud. Recentemente alcuni psicoanalisti ritengono più raccomandabile non solo e non tanto interpretare, cioè rendere conscio ciò che è inconscio, quanto giocare col sogno, sognare sul sogno e col sogno, rispettare l’illusione o per ampi tratti favorirla. Riguardo la poesia Elias Canetti, in “Un regno di matite”, ha scritto: “Giochiamo con i pensieri, per evitare che diventino una catena” e ha ammonito: “Triste interpretazione! Morte delle poesie, che si spengono per astenia quando vien loro tolto tutto quel che non contengono”. Lei è d’accordo o ritiene chel’Es venuto alla luce nella poesia necessiti ancora di essere decifrato? È fedele all’Es che erompe nella scrittura o lo tradisce traducendolo? O forse è applicabile alla Sua scrittura la parola tedesca ” Umdichtung” ( che significa una poesia elaborata a partire da un’altra) ?
5) Il linguaggio è l’archivio della storia, la tomba delle muse: “poesia fossile”. “Un tempo ogni parola era una poesia”, “un simbolo felice”(Emerson). “Gli dei concedono la grazia di un verso, ma poi tocca a noi produrre il secondo” (Paul Valéry). Oppure:’Se la poesia non viene naturalmente come le foglie vengono ad un albero, è meglio che non venga per niente” (John Keats). Come nasce la sua poesia e come si sviluppa? Quali condizioni la favoriscono?
6)”Ogni pensiero inizia con una poesia” dice Alain ed è noto che nella storia dell’umanità la poesia ha preceduto la prosa. La poesia ricorda l’infanzia dell’uomo e i poeti sono dei grandi bambini, degli “eterni figli” (tema ripreso anche da Sanguineti). Per altri versi, la poesia afferirebbe al codice materno mentre la prosa a quello paterno: la prima, secondo lo psicoanalista Christopher Bollas (ne: “La mente orientale”) è più legata alla presenza di pensieri –madre, “strutture (che) mantengono il tipo di comunicazione che deriva dal modo di essere della madre col suo bambino” con forma sintattica più semplice e più vicina al linguaggio orientale, la seconda al linguaggio occidentale e paterno, basato su espressioni verbali più articolate e complesse che ci lasciano meno liberi, sacrificando l’invenzione a favore dell’argomentazione. Due mondi alternativi, la prosa e la poesia, o due parti che possono entrare in rapporto e/o in successione? Qual è la Sua esperienza al riguardo?
7) Il momento della scrittura o ” l’attimo della parola” accade, per Peter Handke, in presa diretta con l’esperienza; per dirla con Borges (in: “L’invenzione della poesia”), “la poesia è sempre in agguato dietro l’angolo”. E per lei? Ha anche Lei un taccuino che l’accompagna in ogni luogo?
8) C’è un altro aspetto del rapporto tra scrittura e ES che vorrebbe affrontare?
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Chi desidera rispondere alle stesse domande, può lasciare qui sotto le sue risposte nello spazio dedicato ai commenti e aggiungere alla fine una sua poesia o una breve prosa
Ringrazio tutti per il contributo e prego di firmarlo senza usare pseudonimi
Marisa Papa Ruggiero
1) Si riconosce anche lei portavoce dell’Es, cioè di una forza misteriosa che ci trascende?
Che l’arte sia emanazione privilegiata della sfera dell’Es, non sembrano esservi dubbi, essendo l’Es una riserva istintuale di energia primaria che tocca corde psichiche sensibilissime. É l’Es che “detta gli ordini” sulle tavole sceniche, ed è lui, l’ artista, il soggetto parlante, l’organo vocale e gestuale che determina il “contatto” e lo trasmette all’esterno. Ma è la regia dell’Io la forza che organizza e distribuisce creativamente i ruoli, i tempi e le parti in sequenze ritmate. La necessaria correlazione tra emozione interiore ed espressività corporea, (verbale, fonica, gestuale) determina la particolare forma espressiva in grado di veicolare quella e non altra qualità comunicativa.
Non io scrivo, lascio che sia la mia poesia a parlare, fedele ai miei spettri, ai miei demoni. Non per nulla Derrida ci invita a: “lasciar parlare la parola da sola”.
2) La poesia ha per lei anche una valenza salvifica?
Il fatto che la sentiamo come una consolazione, quasi uno stato di grazia che talvolta viene a visitarci, a riscattarci, sia pure per poco, dal “male di vivere” che ognuno sconta in un modo o nell’altro sul campo, non significa che sia, la poesia, un bene salvifico; difatti non ci salva, non sono questi, mi pare, i suoi compiti, direi piuttosto che ci danna.
3)Quale relazione c’è per lei tra sogno e poesia?
Fare poesia significa indossare una lente 3D e vedere quello che non c’è. Ed è allora che qualcosa fa contatto tra la mente e l’occhio e non sai se è la realtà di una colomba in volo quella che ti viene incontro sul viso, o il suo sfarfallio virtuale (dato dalla lente), per un attimo vero, reale. All’arte non interessa la verosimiglianza ma l’emozione. Quella lente vale solo per l’arte, il sovvertimento di un luogo reale in un altro luogo della conoscenza non consiste in una variante di quella realtà: è un’altra realtà. Questa nuova realtà la si riconosce dalla verità del linguaggio, dalla rispondenza esatta tra emozione e idea nello spazio mentale. Da qui si deduce che l’influenza dell’Es si tiene alla larga dagli stereotipi formali per toccare delle corde psichiche empatiche sensibilissime, da cui può scaturire quella speciale forma della comunicazione tra autore e lettore.
4) E’ fedele all’Es che erompe nella scrittura o lo tradisce traducendolo?
L’Es è indubbiamente il serbatoio energetico che fornisce l’elemento attivo, esso scaturisce dalle sorgenti dell’anima a cui non ci si può sottrarre senza tradire nel profondo se stessi. Tuttavia è l’arte nel procedimento della scrittura creativa che secondo la mia opinione e la mia esperienza, prende, o dovrebbe prendere, il sopravvento. É lì, su quel terreno di forze antagoniste, che avviene il gioco di contrasti o la magica integrazione tra le due necessità. L’Es, quale fonte energetica erogante, mette in scena la sua parte attiva insostituibile, ma è l’arte che la rende unica e percepibile in quel particolare modo, è dell’arte la capacità di trascendere la realtà in evento, in creazione, è sostanzialmente dell’arte la capacità di riscattare dalla materia onirica la sua straniante enigmaticità.
5) Come nasce la sua poesia, sgorga naturale?
Di naturale c’è solo l’ispirazione iniziale. Se è abbastanza forte il contatto emozionale, ne seguo le evoluzioni nel loro prender via via corpo,il desiderio è tentare di mettere in opera delle trasfigurazioni dinamiche servendomi del linguaggio.
6)Due mondi alternativi, la prosa e la poesia, o due parti che possono entrare in rapporto o / e in successione? qual è la sua esperienza al riguardo?
Penso da sempre che la poesia sia sostanza attiva non derivata, ma primaria, può avvenire per contatto “elettrico” non per esercitazioni di stile. É qualcosa che si decide in profondità. Il poeta è uno che il linguaggio lo crea, non se ne serve. La prosa è procedura più discorsiva, argomentativa, predilige la narrazione. Alla poesia non interessa il racconto, ma l’emozione. La poesia è una cosa che può far invaghire… un continuo sfidare il linguaggio a pronunciare l’impossibile.
7) La poesia è un evento sempre in agguato?
Sì, una forza che ti viene incontro senza che ti venga annunciata. Non puoi sottrarti, É lì, ti toglie il respiro. Qualcosa che si decide in un passaggio veloce di luce, ti folgora per un istante ed è pronta a sparire.
Marisa Papa Ruggiero
Scrittrice, artista verbo-visuale, studi di formazione artistica compiuti a Milano e a Napoli. Inizia il suo percorso di scrittura creativa alla fine degli anni 80 affiancandolo all’attività pittorica e didattica nei Licei della città di Napoli dove vive. Ha pubblicato una dozzina di libri di poesia, in prosa e alcune edizioni d’arte. Tra i titoli più recenti: Le verità bugiarde, 2009; Passaggi di confine, 2011; Di volo e di lava, 2013, Puntoacapo; Jochanaan, 2015, Ladolfi; Un intenso venire, 2017, Passigli; Se questo è il gioco, 2018, Eureka. Promotrice culturale, le sono attribuiti diversi premi e segnalazioni di merito. Collabora con interventi creativi e critici in riviste, in rassegne d’arte, in siti web. Suoi testi poetici sono stati rappresentati come eventi scenici in siti archeologici in Campania e in Sicilia. É tra i fondatori di alcune riviste letterarie, la più recente è Levania, edita a Napoli, di cui è redattrice. Un suo romanzo è in attesa di stampa.
Scena vermiglia
Febbrili impasti pulsati dentro
come timbri di torcia
ad ogni passo
in questo dirsi di sillabe affamate
in ogni fibra vermiglia
in lotta con i blu
a lampo o laser sul corpo che disegna
una trincea di anni
murati vivi
che soffia e bussa da tutti
i sottosuoli di nascita e di lotta
e tocca
radici rosse
spezzati rami sul cuore
a palme nude accende
un fuoco sulla neve
e riconosce i nomi sfilando
un nervo vivo esploso
nel colore
che germoglia
sui nostri nudi emersi
dalle maree del sogno
come un arpeggio o uno
squarcio sottopelle
che dilaga e arde
a fiaccole sonore
in alveoli di sangue
sul respiro a secco franando
a schegge d’echi
a lame di carminio
in un volger di ciglia su
l’intera scena
e la scena è dipinta
Marisa Papa Ruggiero